È l’8 agosto 2017 quando la giornalista svedese Kim Wall scompare nel nulla dopo essere salita a bordo di un sottomarino artigianale per intervistare il suo costruttore: l’inventore-imprenditore danese Peter Madsen. Il sottomarino verrà ritrovato, misteriosamente affondato, nello stretto dell’Oresund pochi giorni dopo ed il suo proprietario sarà accusato fin da subito dell’omicidio della giornalista, che egli dichiara (mentendo) di aver fatto sbarcare in tutta sicurezza in un pontile. Da queste premesse nasce il giallo del sottomarino (Ubådssagen), una vicenda che ha tenuto la cronaca scandinava con il fiato sospeso. Proprio dalla fredda regione del nord Europa giunge questa miniserie che scardina i cliché del crimine in televisione, rifuggendo gli spettacolari colpi di scena e le geniali intuizioni dei detective per lasciare spazio alla sola, metodica, attenta e in certi casi frustrante, opera di investigazione. Si può giungere ad affermare che The Investigation operi per sottrazione. Prima non si trova il sottomarino, poi non vi è traccia del corpo della giovane donna, ma soprattutto vittima e carnefice non vengono mai immortalati sullo schermo. Un’opera di rimozione che non intacca però il dolore che lo spettatore prova di fronte a quello che, ben lungi dall’essere un crimine perfetto, è definito dagli stessi personaggi come un un crimine goffo e disgustoso.
La sofferenza per una vita stroncata è nei volti stanchi e sconvolti, eppure dignitosamente (per quanto possibile) composti, dei genitori di lei, Ingrid e Joachim Wall (interpretati da Pernilla August e Rolf Lassgård), negli sbigottiti investigatori e nella spigolosa compostezza del procuratore, interpretato da Pilou Asbæk (l’Euron Greyjoy di Game of Thrones). All’incessante squillare del celluare del protagonista, l’agente investigativo Jens Møller (Søren Malling), anch’egli come gli altri personaggi della miniserie sprovvisto dell’hollywoodiano physique du role, raramente seguono sconvolgenti progressi dell’indagine. A chiamare sono infatti perlopiù i tabloid ai quali egli risponde laconicamente sempre allo stesso modo: «Quando avremo novità sarete i primi a saperlo». Nessuna manna dal cielo insomma, la scoperta della verità può essere solo il frutto di una scientifica e metodica applicazione. Il geniale e lo straordinario non sono la prassi in questo duro mondo. Ben lontano dallo stereotipo americano dei cosiddetti procedural crime (da Csi a Law & Order) lo scandinavo The Investigation, a costo di dover sopportare una narrazione centellinata, a tratti lentissima, punta a raggiungere il cuore della vicenda. «Lavorare su crimini veri significa avere a che fare con le vite reali di persone reali», sostiene il creatore della serie Tobias Lindholm, che ha inseguito il desiderio di alimentare il suo crime non con forza dei cattivi ma solo della cruda, insensata e dolorosa verità