L’anno più strano della storia recente del cinema – che ha visto le sue sale chiuse per la maggior parte del tempo – ha fatto sì che molti dei film che sarebbero dovuti uscire venissero rinviati: molti sono andati online, davvero pochi hanno percorso la via canonica uscendo in sala ad ogni costo. Se da una parte questa inconsuetudine ci ha privato di alcuni attesissimi titoli – il 25esimo capitolo di James Bond, No Time to Die o Dune di Denis Villeneuve solo per citarne alcuni – dall’altro ha dato visibilità a produzioni minori che solitamente faticano a farsi notare e che invece hanno avuto, tutto per loro, quel palcoscenico di solito riservato esclusivamente ai grandi blockbuster.
Tenet (Christopher Nolan)
Prima ed anche unica grande produzione sopravvissuta alla pandemia. Nonostante il flop (non per colpa sua) ai botteghini e le non entusiastiche recensioni dei maggiori critici, Tenet rimane una gemma rara. Un’epica narrazione che ruota intorno allo spionaggio internazionale e ai viaggi nel tempo, il tutto mentre un agente segreto (John David Washington) deve cercare con ogni mezzo di prevenire la Terza Guerra Mondiale.
Il processo ai Chicago 7 (Aaron Sorkin)
Il film narra il processo ad un gruppo di attivisti contro la guerra in Vietnam accusati di aver causato lo scontro tra i manifestanti e la Guardia Nazionale il 28 agosto 1968 a Chicago: un processo viziato fin dalle sue prime battute dal significativo pregiudizio del giudice Julius Hoffman contro gli imputati. Una pellicola che riflette e fa riflettere su temi universali e senza tempo come il senso dell’etica e della giustizia, il tutto sostenuto da un meraviglioso cast corale che, tra pubblica accusa ed accusati, vede in campo Sacha Baron Cohen, Joseph Gordon-Levitt, John Carroll Lynch, Michael Keaton, Eddie Redmayne.
Mank (David Fincher)
La vera storia che si cela dietro la scrittura di Quarto potere, forse il più celebre film di sempre, è il soggetto di questa pellicola. Accanto al nome super-ammirato di Orson Welles spunta la figura, sconosciuta al grande pubblico, di Herman Mankiewicz (interpretato da un superbo Gary Oldman) sceneggiatore e (suggerisce il film) padre putativo del capolavoro diretto da Welles. Un omaggio del cinema ad uno dei più epici capitoli della sua stessa storia.
Borat – Seguito di film cinema (Jason Woliner)
Sasha Baron Cohen ritorna – a distanza di quattordici anni – con il suo personaggio più riuscito, il giornalista kazako Borat. Questa volta il mockumentary decide di affrontare il Presidente Donald Trump, il suo braccio destro Mike Pence e l’ex sindaco di New York e avvocato personale del Presidente Rudy Giuliani. Autoritarismo, razzismo, politica (alla vigilia delle discussissime elezioni presidenziali) e la pandemia mondiale sono solo alcuni dei delicati temi toccati, con la solita sfacciata irriverenza, dal protagonista della pellicola.
Favolacce (Damiano e Fabio D’Innocenzo)
Nastro d’argento come miglior film e in corsa per l’Orso d’oro al festival di Berlino per questa favola dark ambientata nella periferia di Roma. Lì vive una piccola comunità di famiglie che trascorrono le loro giornate in maniera apparentemente normale. Tuttavia, sotto una superficie di tranquillità e normalità, cova il sadismo dei padri, la passività delle madri, la disperazione e la rabbia dei figli.
Sto pensando di finirla qui (Charlie Kaufman)
Lo sceneggiatore di Essere John Malkovich e Se mi lasci ti cancello descrive questa volta gli onirici tormenti della mente umana attraverso la vicenda di una giovane donna (Jessie Buckley) che viene portata dal fidanzato Jake (Jesse Plemons) a conoscere i genitori di lui, che abitano in una fattoria isolata. Durante il viaggio in macchina, rimugina sulla propria intenzione di “farla finita” con la loro relazione, in corso da appena sette settimane. Nonostante l’apparenza cortese, seppur invadente, dei genitori di Jake, questa permanenza assumerà contorni via via sempre più spiacevoli e allucinati.
Hammamet (Gianni Amelio)
I tormenti di Bettino Craxi all’indomani dell’inchiesta Mani pulite sono vissuti attraverso la splendida recitazione di un trasfigurato Pierfrancesco Favino (Nastro d’argento per miglior attore protagonista), indistinguibile dall’originale, il noto leader del Partito Socialista italiano. Nel dorato ma pur esempre esilio della tunisina località costiera di Hammamet, Craxi, negli ultimi mesi di vita, riflette sulla sua carriera politica. I momenti di depressione e scoramento sono squarciati solo episodicamente da qualche ruggito. Il leone è ormai caduto e le immagini sullo schermo sono gli spasmi di un’agonia.
Soul (Pete Docter)
Film d’animazione prodotto dai Pixar Studios e distribuito dalla Walt Disney Pictures. Il protagonista, Joe, direttore di una banda musicale delle scuole medie, sogna di suonare all’Half Note, un prestigioso locale di New York. Dopo 20 anni di tentativi, riesce finalmente ad ottenere una serata. Tuttavia un colpo di scena rovinerà i suoi piani. Da dove vengono le vostre passioni, i vostri sogni e i vostri interessi? La risposta alle domande più importanti della vita è affidata ad un epico viaggio dalle strade di New York City fino ai regni cosmici.
The Gentlemen (Guy Ritchie)
Mickey Pearson (Matthew McConaughey) è un americano chic dalle belle maniere espatriato a Londra dove si è arricchito costruendo un florido impero basato sulla Mary Jane. Impero che si troverà costretto a difendere, con il prezioso aiuto del suo braccio destro Raymond (Charlie Hunnam, star della serie Sons of Anarchy), dagli assalti di mafiosi e milionari stilosi e pacchiani. A tutto questo si aggiungono le divertenti interpretazioni dello scaltro (mai abbastanza) reporter Hugh Grant e di “Coach” – sempre in tuta da ginnastica – Colin Farrell come la consueta serie di colpi di scena tipica del regista inglese (Lock & Stock, Snatch) maestro nel raccontare il mondo del crimine con il sorriso.
La vita davanti a sé (Edoardo Ponti)
La grande Sophia Loren è Madame Rosa, un’anziana donna ebrea sopravvissuta all’olocausto, ex prostituta, che ora ospita i figli di altre prostitute nella propria casa. Su insistente richiesta da parte del suo fidato medico, il dottor Cohen, Rosa ospita anche Momò, un turbolento bambino, orfano, di origine senegalese. La complicata relazione tra la donna di polso Rosa e il teppistello refrattario alla disciplina Momò lascia progressivamente spazio ad una profonda ed intensa amicizia che si sviluppa contemporaneamente all’insorgenza di un grave male che affligge l’anziana donna.