“Questa notte mi faranno santa”. È così che inizia la canzone di Cara che l’ha fatta conoscere e apprezzare al grande pubblico. Ma si sa, il processo di canonizzazione è più lungo di una fila sulla Salerno-Reggio Calabria il 15 agosto. Praticamente lo stesso tempo che ci vuole oggi in Italia per prendere sul serio una giovane artista di vent’anni. Ma perché? Cosa ci spaventa dell’essere giovani ed in gamba? I ragazzi che oggi provano ad affermarsi nel panorama musicale italiano ce li immaginiamo tutti su TikTok a improvvisare balletti o intenti a scrivere rime di cui non si capiscono i tre quarti delle parole. Eppure, non è così. C’è una piccola ciurma di coraggiosi che prova a resistere alla diffidenza del pubblico troppo abituato ai soliti dinosauri e cerca di fondere Dalla e Fedez, Battisti e Franco126. Una piccola flotta di cantautori che studia e ci prova. Cara è una di loro e basterebbe questo per proclamarla santa (ma attenti a non farla incazzare).
Sai che non so perché ti chiami Cara?
La scelta del nome d’arte è arrivata come un flash. Non stavo scegliendo un nome, ma mi è passata per la testa questa canzone di Lucio Dalla, Cara, a cui sono molto legata. Il nome viene da lì. Una scintilla che mi ha fatto capire che questo doveva essere il mio nome d’arte.
I tuoi testi sono intrisi di giochi di parole e di riferimenti alla cultura pop. Quali sono le tue figure di riferimento?
Io ho ascolti molto vari. Sicuramente tutto il cantautorato italiano, partendo da Lucio Dalla e De André, fino ad arrivare a Bersani. Nel panorama internazionale ascolto molto James Blake e Mac Miller. Poi, va beh, due artisti che hanno sempre condizionato anche il mio immaginario, oltre che la mia musica, sono David Bowie e John Lennon.
Tanti uomini.
Oddio, non ci ho mai fatto caso. In realtà ascolto anche tante artiste donne tra cui Jessie Reyez.
Insomma, non ti piacerebbe una carriera alla Britney Spears?
In realtà la vedo un po’ diversa da quello che sono, nonostante io comunque mescoli tutti i mondi che posso, facendo mie più sonorità possibili. Odio essere incasellata in un genere e prendo un po’ ispirazione ovunque.
Il tuo EP si chiama 99, come credo il tuo anno di nascita. Non hai mai avuto la sensazione di essere cresciuta troppo in fretta per questo mondo?
Sicuramente entrare in questo mondo alla mia età ha le sue difficoltà. Quello che racconto in questo EP è un po’ l’ingenuità dei miei vent’anni. La mia è un’età che combina insieme piccole consapevolezze e straordinaria ingenuità. A vent’anni hai ancora gli occhi di un bambino. Nel mondo della musica, in cui tutto corre troppo veloce, stare al passo vuole dire anche fronteggiare la propria ingenuità. Al tempo stesso penso che il mondo della musica sia infinitamente grande e pieno di dinamiche diverse. Entrare in questo mondo a vent’anni significa salire su una giostra e capire veramente cosa significhi starci sopra.
Qual è la tua canzone a cui sei più legata?
Non riesco a sceglierne una, ogni canzone è a sé. Come è vero che sono tutte collegate, è anche vero che ognuna descrive un mondo a sé, e in ognuna c’è una diversa sfumatura di me. Sicuramente in questo momento sono contenta che sia uscito come singolo Tevere, perché esce una parte di me molto fragile e vulnerabile. Quella vulnerabilità che non sono mai riuscita a cambiare, quel modo di essere unfiltered, che mi porta non solo a delusioni e cocenti perdite, ma anche a inseguire quello che è il mio sogno. Per questo è quella parte di me a cui devo, quasi, tutto.
Comunque hai studiato per arrivare dove sei. Vieni da un istituto musicale, sai suonare il pianoforte e hai alle spalle una gavetta di tutto rispetto. Oggi sembra raro trovare qualcuno disposto a sudarsela, non pensi?
Sono d’accordo fino a un certo punto. Soprattutto perché di recente ho visto tanti artisti giovani che veramente hanno tanto a cuore quello che fanno. Ho avuto modo di averci a che fare a livello personale con qualcuno di loro e ho avuto sempre confronti molto profondi, e si sta creando una catena molto molto bella tra di noi. Ci sono tanti artisti giovani che hanno fame e passione!
Il successo con Le feste di Pablo, in duetto con un artista idolo di tanti ragazzi della tua età. Non ti secca un po’ essere definita la pupilla di Fedez?
Ma ti dico la verità, no. Nel senso che io e lui abbiamo avuto un incontro molto spontaneo, molto umano. Io sono solo molto felice che lui abbia voluto far parte del mio viaggio. Per me è stato un grande traguardo. Adesso, come questa cosa venga percepita dall’esterno, sia positivamente che negativamente, mi interessa fino a un certo punto considerando che ho vissuto un’esperienza di questo genere.
Come sono i vostri rapporti dopo un disco di platino in comune?
Ci teniamo in contatto, ci supportiamo a vicenda e devo dire che è stato un bel momento e un traguardo inaspettato. Di giorno in giorno mi ha sorpreso il volo che ha avuto questa canzone.
Come dicevi prima, è stato come salire su una bella giostra, una giostra molto importante.
Non è stato importante solo a livello musicale, ma anche umano. Il fatto che abbia voluto inserire una sua strofa in una mia canzone è una cosa molto importante, ma comunque la componente umana è stata la cosa che mi è rimasta di più. Fedez mi ha passato tanta consapevolezza, e soprattutto tanto entusiasmo. Avere a che fare con un artista come Federico ti fa crescere tanto a livello personale, a livello umano.
Hai detto che ti piacerebbe collaborare con artisti del calibro di CoCo e Mahmood. Pensando ancora più in grande, con chi lavoreresti?
Pensando in grande ti dico subito James Blake, perché ha delle sonorità molto affascinanti. Lui è affascinante in tutto a dir la verità (ride ndr.).
Nel panorama italiano anche Franco126, mi piace molto come scrive.
C’è un pezzo della canzone di Dalla che mi hai citato prima che dice: “Quanti capelli che hai, non si riesce a contare”. Tu giochi molto con i tuoi capelli, con acconciature anche un po’ kawaii. Che rapporto hai con la tua immagine?
Mi piace molto giocarci, soprattutto coi capelli. Ho sempre fatto tagli molto strani, mi annoiavo spesso e da lunghi li tagliavo cortissimi. Una volta ricresciuti li ho fatti color platino e ho iniziato a cambiare il colore invece della lunghezza. Questo bianco/viola è diventato un po’ una caratteristica che mi piacerebbe mantenere.
Hai appena detto «mi annoiavo spesso». Nelle tue canzoni ci sono veramente un sacco di riferimenti alla noia.
Io odio la noia. Per me è veramente il male. Sfido quotidianamente la noia, anche perché la mia testa è in continuo processo creativo, in continua corsa e non sono abituata a gestire questo sentimento. Cerco di evitarla ma non sempre ci riesco. Ecco perché la racconto: è una componente dell’essere umano che esiste e va raccontata.
Abbiamo letto il tuo nome nella rosa dei candidati a Sanremo giovani, ma poi improvvisamente sono state fatte altre scelte. Sogni ancora Sanremo?
Mi è dispiaciuto perché ci tenevo, però in questo momento, essendo uscito il mio EP, sono molto concentrata su quello che sto facendo e su questo viaggio. Quindi onestamente non ci sto pensando tanto. Sanremo è comunque una bellissima opportunità, ma in questo momento non rientra tra i miei pensieri.
Nella lista dei candidati a prendere parte alla kermesse, accanto al tuo nome era riportato quello di un ex tronista, Francesco Monte. Eri sorpresa quanto noi, o più preparata a gareggiare anche con chi fa una gara a parte?
È vero, i nomi li ho guardati, ma non sono stati motivo di fastidio. Io faccio il mio percorso e la mia musica, quindi non è una cosa su cui mi sono particolarmente interrogata, ti dico la verità.
Non stento a crederci, anche perché più ti ascolto e più mi sembra di essere davanti all’artista più mite e pacifica che abbia mai intervistato.
No, in realtà non molto (scoppia a ridere ndr.). Tendo sempre a guardare il mio percorso però il confronto è essenziale. Poi anche io ho i miei gusti, come tutti. Detto questo, non sono affatto pacifica. Provo rabbia per tante cose…
Tipo?
Una cosa che mi fa veramente incazzare sono i secondi fini. Non mi piace chi sfrutta una situazione o un dialogo per arrivare ad un fine diverso. Io non so mascherarmi, e chi lo fa mi fa molto arrabbiare. È all’ordine del giorno trovare questo genere di persone, è un modo di fare e reagire con cui non vado d’accordo.
Voglio raccontarti una cosa che mi è successa qualche giorno fa, prima di sapere che ti avrei intervistata. Ho ripostato una tua canzone sui miei social, Lentamente, scrivendo che tra le novità musicali degli ultimi anni, tu sei di gran lunga quella più interessante. Dopo qualche giorno, il mio editore mi ha contattato per chiedermi di intervistarti. Ho la sensazione che tu sia un po’ la compagna di banco col cellulare nascosto nell’astuccio e il diario pieno di disegni e canzoni. Ci ho azzeccato?
Sì, ci hai preso in pieno.