Manca un quarto alle 18:00 quando chiamo Alessio e Marco, d’ora in poi rispettivamente Kaneki e Drast. Dalla mia finestra entra un pezzo dei Clash, Brand New Cadillac, dev’essere un segno del destino, penso. In realtà ho trovato pochi giorni fa un’offerta lampo su Amazon così mio fratello sta facendo girare London Calling al primo piano. È caldissimo da me e lo è altrettanto a Roma, da cui parla Kaneki, e a Napoli, dove si trova Drast. Contrariamente a quanto si possa pensare, il casino dei motorini e delle voci in sottofondo proviene dalla linea “romana”, ma riusciamo comunque a sentirci e presentarci.
In Italia ci sono un sacco di taboo. Così su due piedi mi vengono in mente: politica, sesso, droga e depressione. Voi in realtà parlate di tutte queste cose continuamente nei vostri pezzi. Credete che il politicamente corretto sia un problema della società?
Drast: Finché ci saranno i crocifissi nelle scuole difficilmente supereremo la situazione del politically correct. Ma non fraintendermi, non è questione di Chiesa o religione. Mi riferisco proprio alla difficoltà dei giovani di coltivare un pensiero critico nei confronti dei diversi temi sociali. Avere un’icona davanti agli occhi negli anni dello sviluppo della coscienza di sé non è facile. In realtà, ora che ci penso, forse non ci sono nemmeno più i crocifissi nelle scuole superiori, ma credo tu abbia capito a cosa mi riferisco. Internet sicuramente ha aiutato a superare i taboo. Potersi confrontare seppur virtualmente con una persona che si trova all’altro capo del mondo è utile per colmare il gap. Ma la strada è ancora lunga: pensa che mia nonna crede ancora che chi si fuma la marijuana si stia drogando al pari di un eroinomane.
Kaneki: La mia diceva che chi si faceva le canne si buttava giù dalla finestra (ride ndr.).
Lo sapevate che i Clash e i Sex Pistols salivano sul palco con delle enormi svastiche sulle magliette? Anche quello è un simbolo ingombrante, non trovate?
Kaneki: Sid Vicious lo faceva continuamente nei tour. Che pazzo scatenato.
Che poi la loro carriera ha dimostrato che quel tipo di gesti erano più delle forme di protesta che delle vere e proprie manifestazioni di un’ideologia politica.
Drast: Sì, esatto. Ho letto da qualche parte che Charles Manson non aveva mai avuto contatti con il nazismo o con testi come il Mein Kampf, eppure si era fatto tatuare quella svastica in faccia.
Qual è il gesto più rivoluzionario che avete fatto fin qui?
Drast: A volte sono i piccoli gesti i più rivoluzionari: per noi è stato il far cantare a gente che non ha un orientamento politico una canzone impegnata. Vederli in fissa con qualcosa che si riferisce a tematiche che neanche conoscono mi fa stare bene (ride ndr.).
Parliamo d’altro, a me mettono paura gli spazi chiusi, la possibilità di non essere completamente libero e il futuro, come dite voi nell’omonimo brano. A voi cos’è che spaventa?
Kaneki: Ho le tue stesse paure, temo che la libertà sia sempre la cosa che ci permette di vivere bene.
E allora cos’è la libertà secondo te?
Kaneki: In generale non so risponderti. Io per esempio si sento libero a Villa Panfili.
Drast: Se poi si sta bene con sé stessi, anche una prigione o una gabbia diventano spazi in cui ci si può sentire liberi. Quanto alle mie paure: in generale non voglio buttar via i miei 19 anni, voglio riempirli al massimo, di tante cose diverse. A volte mi fa quasi sentire in colpa restare fino alle cinque del mattino in piazza con gli amici a fare nulla. La velocità dei nostri tempi, ecco un’altra cosa che mi mette paura. Musicalmente, ad esempio, si finisce per essere superficiali, ciò non toglie che la musica come forma di espressione per tutti sia una opportunità. Non amo le canzoni che vengono scritte da quaranta autori diversi e interpretate da un quarantunesimo che non ha vissuto ciò che canta.
Ho la sensazione che i vostri fan vi apprezzino a 360 gradi: non siete semplicemente quelli da mettere con la rotellina del volume dello stereo tutta a destra. Voi siete quelli da seguire sotto palco. Questa fan base di solito ce l’hanno gli artisti con anni e anni di gavetta alle spalle. Voi come vi spiegate tutto questo?
Drast: È divertente questo fatto. Non so spiegarlo. Molti artisti sono vincolati ad una hit. Paradossalmente per noi invece il fan di Autostima non è quello che ci segue nei live, lo è piuttosto quello che conosce tutte le tracce. Forse è proprio questa la spiegazione. Altra cosa che ci tengo a dirti è che tutti vogliono che si crei a tavolino un personaggio. Noi non volevamo assecondare il trend, volevamo che persona e personaggio fossero l’uno lo specchio dell’altra. Magari anche questo ha fatto la differenza.
Kaneki: Mi riallaccio a questo discorso dicendoti che il nostro mestiere è una violenza psicologica continua. È difficilissimo fare musica, soprattutto se devi indossare le vesti di un supereroe costruito a tavolino. Per noi è tutto più facile, al netto di tanta pressione addosso e tanto stress.
Però essere in due aiuta, no?
Kaneki: Se non ci fosse stato Marco avrei infartato al primo concerto, se non ci fossi stato io Alessio avrebbe trovato le stesse difficoltà.
Drast: Confermo. Superare insieme le cose è essenziale. In due ci si smezzano gioie e dolori.
Spesso tra le righe mi sembra di sentirvi parlare di famiglia. Che giudizio avete nei confronti della famiglia?
Kaneki: Di famiglia non ci capisco un cazzo. In Italia le famiglie sono una vergogna.
Drast: Io dò del bene a chi mi dà amore indietro. Essere un mio familiare, avere il mio stesso sangue non ti rende oggetto del mio amore. Ovviamente quando dico questo, parlo in modo generale visto che nel mio caso sono legatissimo alla mia famiglia. Anche chi non fa parte del mio albero genealogico, ovvero i miei amici, sono una famiglia.
Conoscete questo detto popolare, “Ogni generazione deve seppellire i propri padri”? Credo voglia dire che bisogna trovare il coraggio di essere quello si vuole essere, anche a costo di dare una brutta batosta ai propri genitori. Cosa consigliate ai vostri coetanei che hanno paura di deludere le proprie famiglie?
Drast: Questo detto è sacrosanto. Noi abbiamo dato un sacco di delusioni a chi ci stava vicino. È vero, oggi chiunque acquistando un microfono online a 20€ può iniziare a fare musica. Questo aumenta il rischio di saturazione, ma nel contempo è possibile scardinare certi stereotipi. È un’arma a doppio taglio.
Anch’io lavoro nell’arte, faccio l’art director e mi sembra di non aver lavorato un solo giorno in vita mia. Sono molto grato per questo ma, specie all’inizio, la mia attività da freelance non era capita molto dai miei familiari, per assurdo quelli più stretti erano più comprensivi di quelli lontani. Non oso immaginare cosa possa voler dire tornare a casa e dire: “Mamma, papà: io farò il cantante”.
Drast: Eh (ride ndr.). È una bella prova. Chi riesce a vivere con l’arte ha la mia stima. Anche chi ci prova soltanto e non ci riesce ha la mia stima.
Kaneki: Dicevi di avere la sensazione di non aver lavorato un giorno in vita tua. Ti posso capire, fare ciò che ti piace fa tutta la differenza del mondo. Viverci non ha veramente prezzo.
Prima parlavamo di stereotipi nella musica: un artista che ha costruito qualcosa di incredibile pur non essendo l’incarnazione del cantante per come era concepito anni fa è Franco126. Lui per me è la penna più illuminata in Italia. Cosa mi raccontate di lui?
Kaneki: Federico (Franco126 ndr.) che per me è come un padre, non fonda la sua musica sull’intonazione ma vuole raccontare il nostro tempo attraverso il suo personalissimo punto di vista.
Drast: Anche Calcutta per esempio non ricade nello stereotipo e malgrado questo ha un successo incredibile. Il suo approccio “diverso” ha permesso ad un mondo musicale nuovo di nascere e svilupparsi, arricchendosi di formule narrative inedite.
Ho visto che uno dei significati della parola è “quartiere”: quanto conta per voi la strada?
Kaneki: Io conoscevo l’altra accezione, che è tipo una trap house. Ma se mi chiedi cosa significa per me la strada ti dico che è parte integrante della nostra musica e del linguaggio dei testi che scrivo. San Lorenzo è la mia casa, sento molto l’appartenenza al mio quartiere.
Drast: Il mio è un legame diverso: non sono radicato solo al mio quartiere ma proprio a tutta la città. Questo deriva dal fatto che Napoli è più piccola di Roma.
Immagino andiate spesso l’uno nella città dell’altro quindi, Marco, cosa ti piace di Roma? E Alessio, cosa ti piace di Napoli?
Drast: Raggiungerò Alessio nei prossimi giorni. Con Roma ho un rapporto di amore e odio: da bambino mio papà si frequentava con una persona di Roma e vivevo quei weekend come delle vacanze. Poi, progressivamente, ho iniziato ad apprezzarla sempre meno, forse perché Roma è ingestibile o magari è più corretto dire auto gestita dei cittadini. L’intervento della classe politica è quasi nullo nella Capitale. Oggi sto tornando ad apprezzarla, forse a causa della musica pur non essendo adatta alla mia routine.
Kaneki: Non ti ci mettere pure tu a criticare Roma eh. Ora io potrei vendicarmi bastonando Napoli, ma in realtà io la amo. È una città bellissima.
Vi leggo alcune vostre frasi e me le commentate. “Non avevo un cazzo, casa popolare/Meglio vive’ da soli che con la Meloni”.
Kaneki: Credo che se ti dicessi esattamente quel che mi passa per la testa saresti costretto a censurare questa risposta (in verità poi effettivamente continua la frase e mi dice la sua opinione. Purtroppo aveva ragione, che non posso riscriverla ndr.).
“Quelli che ci criticano dentro al cesso. Sono gli stessi che ascoltano Ligabue prima di fare sesso”.
Kaneki: Sono team Vasco Rossi. Vasco è culto. Ligabue non l’ho mai neanche sentito in realtà, è un simbolo di qualcosa che non mi piace. Ho detto Ligabue ma avrei potuto dire un altro nome.
“Meglio povero che te, meglio povero che scemo/Molto meglio stare senza un euro che andare a Sanremo”.
Drast: È un promemoria per ricordarmi di non farlo mai. Sono contrario al finto anti conformismo che c’è in quel mondo. Non mi piace la musica che vuole fare SIAE, mi piace ancor meno la musica che vuol far credere di essere libera quando in realtà neanche la nostra lo è al cento per cento.
A proposito di soldi: qual è stata la prima cosa che avete comprato grazie ai soldi guadagnati con la musica?
Kaneki: Un televisore.
Drast: Un viaggio a Parigi e un sacco di cose da produttore nerd. Dai corsi di mix e master a synth come il Juno 106 e un Korg in attesa di acquistare un Prophet. Poi ho preso la Maschine della Native Instruments perché non amo le librerie di suoni per la batteria. Tutto questo mi ha permesso di abbandonare il mondo dei type beat da cui tutto è partito.
Kaneki: Sì, esatto. Avevamo grossi problemi a scrivere sui type beat perché eravamo più noi a dover seguire le regole della musica di altri piuttosto che essere in grado di guidare il brano nella direzione che avevamo in mente. La nostra musica si è evoluta da quando Marco e altri produttori costruiscono i brani attorno alle nostre parole e ai nostri flow.
Questa attitudine al custom e in generale la necessità di ricercare e costruire il proprio sound è evidente in Millennium Bug e nella dimensione live che avete costruito.
Drast: Sono molto contento che lo noti. Psicologi oggi è praticamente una band itinerante. All’inizio non c’erano mezzi e ci muovevamo con la console consapevoli che quello sarebbe stato soltanto un appoggio transitorio della nostra performance dal vivo.
E a proposito di SoundCloud? In Italia non è popolare come negli States ma la sensazione è che molta della nuova musica passerà da lì.
Drast: Se me lo avessi chiesto dieci giorni fa probabilmente ti avrei dato una risposta diversa. Non credevo si potesse far leva su SoundCloud per una promo a macchia d’olio. In realtà Millennium Bug è stato spinto con grande successo su questa piattaforma e credo abbia avuto un ruolo essenziale per noi. Arrivava una notifica a tutti gli iscritti con il messaggio “è uscito Millennium Bug” e inoltre è stato messo free per tutti gli utenti mentre di norma gli album per essere ascoltati sottendono un abbonamento premium. Spero tanto che il nostro progetto faccia da apripista per colmare il gap tra SoundCloud Italia e la versione statunitense, per esempio.
Kurt Cobain diceva di soffrire moltissimo il peso della responsabilità di essere il punto di riferimento per molti ragazzi. Voi vi sentite un po’ lo stendardo della nuova generazione?
Drast: Non so se siamo uno stendardo, ma quel che so è che non siamo irresponsabili. Credo che Kurt avesse paura di dare il cattivo esempio e questa cosa lo ha distrutto prima interiormente, poi fisicamente. La magia di quel che facciamo è l’incoscienza: il giorno in cui inizieremo a chiederci come si fa a fare musica, probabilmente non riusciremo più a farla.
Facciamo finta che io sia un boomer frustrato che odia Psicologi. Io vi accuso e voi mi rispondete. “Stonati”.
Drast: Il tuo cantante preferito abusa di Melodyne molto più di quanto la nostra generazione utilizzi l’auto-tune. Noi se a fare una cosa non ci arriviamo, non la facciamo.
“Bambini”.
Kaneki: È vero. Siamo dei pupi.
“Comunisti“.
Drast: E voi siete dei fascisti. Gli estremismi, ad ogni modo, fanno schifo e non funzionano mai.
“Scansafatiche”.
Kaneki: In due anni abbiamo fatto due EP e un disco. Ma non scherziamo eh (ride ndr.).
Drast: Chi non lo è, boomer?
“Boyband 2.0″.
Kaneki: Ma dai?! Non lo siamo per niente. Band sì, boyband no.
Drast: Gli alternativi anni fa si ascoltavano i Duran Duran.
Le parole di Kaneki e Drust vengono sovrastate dalle campane che, attraverso i loro 4G, arrivano disturbate a WhatsApp e poi a me. Campane di due città diverse. È una cosa stranissima, una sorta di gong che mi ricorda che sono da 75 minuti al telefono con loro e che forse devo lasciargliele riempire di strada e di gente quelle strane e piccole vite, che tanto piccole poi non lo sono più. Io invece sono a casa, davanti al Mac, con due telefoni a registrare. Le mie campane da qui non si sentono. Mi viene voglia di archiviare il file audio e di uscire in strada. Fanculo, l’intervista la riascolterò domani. E forse è proprio questo “l’effetto Psicologi“, la risposta alle domande sul loro successo che alla fine non siamo riusciti a dare. Vorrei dirglielo, ma magari è solo una cazzata. Esco a prendere un Aperol Spritz.