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Il Michael Jordan di “The Last Dance” non è solo leggenda

Poco prima dell’inizio della stagione NBA 1997-98, Michael Jordan, campione insieme ai suoi Chicago Bulls in cinque delle precedenti sette stagioni incluse le ultime due e già consolidato come mito vivente della cultura sportiva americana e non solo, annuncia che quella che sta per arrivare sarà la sua ultima stagione. Promette, quindi, che farà il possibile per guidare i suoi a un ultimo titolo, il terzo consecutivo, il sesto in otto anni. È in seguito a questo annuncio che una film crew di ESPN chiede il permesso alla NBA di poter seguire la squadra nel corso di tutta la stagione per poter riuscire a raccontare l’ultima cavalcata di quel gruppo verso il titolo dall’interno. Il permesso viene accordato e dalle oltre 500 ore di riprese viene fuori The Last Dance, una docu-serie di 10 episodi che mostra per la prima volta al pubblico le inedite dinamiche interne di quella che molti definiscono «la miglior squadra sportiva di tutti i tempi» nel loro ultimo anno insieme.

Annunciata nel 2018 e inizialmente programmata per giugno, l’uscita della docu-serie The Last Dance è stata anticipata nel tentativo da parte di ESPN e Netflix di offrire agli appassionati di sport e non solo una fonte di intrattenimento durante questo lockdown in cui anche il basket, come tutto il resto, si è dovuto fermare. Il debutto è quindi stato anticipato al 20 aprile e i primi due episodi sono stati resi disponibili su Netflix e trasmessi da ESPN. Insieme a quella di Jordan, vengono rese note le storie e le personalità di altre leggende, dallo scudiero Scottie Pippen, il miglior compagno che Michael abbia mai avuto e a cui è dedicata parte del secondo episodio, all’eccentrico Phil Jackson, allenatore di quei Chicago Bulls e mentore di Jordan, passando per il folle Dennis Rodman, il pacato Steve Kerr e l’egocentrico proprietario Steve Krauze. Il tutto è arricchito da interviste a giocatori, tra cui leggende come Magic Johnson e Larry Bird, allenatori e familiari di Jordan, giornalisti dell’epoca e persino di Barack Obama e Bill Clinton.

The Last Dance si predispone come scopo quello di raccontare i Chicago Bulls a livello collettivo, ma è chiaro come in quegli anni tutta la franchigia agisse nel culto di Michael Jordan, che ne era il protagonista assoluto e la cui presenza è predominante nel docu-serie. La sua figura, mostrata con un’intimità finora mai resa pubblica, ne esce umanizzata e paradossalmente ancora più ammirabile. Il Michael Jordan di The Last Dance non è più solo la leggenda vivente che ha ispirato intere generazioni, ma anche un ragazzo che vede nella vittoria l’unico obiettivo ed è pronto a lavorare e a martoriare il proprio corpo più degli altri per raggiungerla; un atleta che aveva un’attitudine competitiva che sfiorava l’ossessione e che spesso lo portava a un’arroganza (spesso non giustificabile) verso i suoi compagni, allenatori e dirigenti; un giocatore che aveva il desiderio e la capacità di dominare l’avversario a livello psicologico e non aveva paura di portarsi oltre il limite per riuscirci. Insomma, il Michael Jordan di The Last Dance è l’uomo dietro al mito, con tutti i difetti che ne conseguono.