Galeffi ha iniziato a scrivere il nuovo album, Settebello, poco dopo essersi trasferito nel nuovo appartamento a Montesacro, a Nord della Capitale. «Ho passato giornate intere ad ascoltare tutta la mia collezione di vinili, e credo proprio che quei giorni abbiano influenzato molto il mio approccio alla scrittura», dice. Sicuramente a livello commerciale non è questo il momento migliore per uscire con un disco d’inediti, ma con il suo team (Maciste Dischi e Universal Music) ha scelto di non posticipare la pubblicazione come invece molti suoi colleghi hanno fatto: «In realtà abbiamo pensato che sarebbe stato comunque romantico, per un certo verso, far compagnia alla gente ed essere presenti nelle vite degli altri in un momento storico come questo».
Dieci brani che suonano più estremi rispetto al precedente album, Scudetto, uscito tre anni fa: «Occorre mantenere la propria identità ma bisogna sapere anche adattarsi, capire dove si sbaglia, in cosa migliorarsi. La ricerca interiore è necessaria, c’è sempre, tutti i giorni. È normale quindi che rispetto al Galeffi di Scudetto, questo sia un Galeffi diverso. Io ho mantenuto in questo disco la mia essenza, ossia di essere una persona dolce e un po’ sognatrice, sviluppando delle nuove atmosfere musicali». Il singolo Cercasi amore, ad esempio, rappresenta il gusto indie rock britannico con cui è cresciuto, su tutti quello dei Black Keys e dei Blur: «Sono un appassionato di musica prima ancora di essere uno che la fa. Questa passione ti allarga la mente, le prospettive ed allarga le possibilità ma soprattutto ti permette di alzare un po’ anche l’asticella».
E se la traccia numero otto è ispirata al sound della band di Damon Albarn, America racchiude tutta la sua passione per la scuola genovese di Paolo Conte e Gino Paoli, a cui ha cercato di rubare quel briciolo di immortalità (“La nostra storia un giorno finirà/Ma non finisce mai l’amore/Sognare sempre non ci basterà/E ti regalo una canzone”, canta nel ritornello).
Nonostante queste influenze, quando compone Galeffi pensa prima di tutto a sé: «La canzone deve convincere prima di tutto me altrimenti muore prima ancora di essere in qualche modo partorita. Poi comunque io sono molto severo e critico con me stesso per questo non mi posso anche accollare “l’oddio chissà se al pubblico piacerà”». E a chi accusa la nuova scena cantautorale di non essere più impegnata verso i problemi della società risponde che non parlare di politica o di argomenti vicini ad essa è già un atto politico in sé: «Lucio Battisti o Cremonini non mi pare che abbiano fatto mai canzoni schierate o che comunque trattassero problemi di politica ma nonostante ciò hanno sempre tirato fuori temi esistenziali, profondi. Quindi uno può toccare vagamente determinati temi anche senza smuovere la politica».