Nel Teeteto di Platone si parla con disprezzo delle persone che sono eu a-mousoi, un antico termine greco che grosso modo significa “felicemente senza muse”. Si riferisce a quelle persone che non hanno fame di ispirazione né bisogno di intelligenza spirituale. Certo, accostare Platone a Justin Bieber non è azzardato, è proprio folle. Ma Justin è uno di quelli che ha capito bene che non c’è musica senza ispirazione, e allora decide di fare a modo suo nel suo ultimo pezzo. Yummy è un pezzo che prova a essere R&B, anche se con poca convizione. Uno di quei classici pezzi che punta a essere di qualità, senza poi crederci fino in fondo, optando per un linguaggio da liceale al primo sentore di testosterone. All’uscita del video di lancio, il cantante canadese ha dichiarato: «Come esseri umani siamo imperfetti. Il mio passato, i miei errori, tutte le cose che ho attraversato. Credo di essere nel posto giusto adesso e Dio mi ha messo nel posto in cui mi voleva». E allora, chi è la musa ispiratrice di Justin? Dio? La vita? La luce dopo le tenebre? La quiete dopo la tempesta?
Macché. A ispirarlo è stato sua moglie, la modella Hailey Baldwin, con cui si è sposato nel 2018. Un incontro che ha cambiato la sua vita, come lui stesso ha dichiarato. Il brano ha infatti un riferimento preciso, dal momento che yummy in slang si riferisce a una donna sexy, procace e provocante, preda inconsapevole dell’ingordigia del cantante appena venticinquenne. Il brano è una serie di “Yeah, you got that yummy-yum”, che in bocca a Justin Bieber suonano come l’Inno della Russia cantato da Elisabetta Gregoraci. Stessa credibilità. Si susseguono immagini e situazioni eloquenti, in cui lui si autoidentifica umilmente in uno stallone, e Hailey la preda inconsapevole delle sue conquiste. “I’m elated that you are my lady” (“Sono euforico che tu sia la mia signora” ndr.), dice. Ma in effetti di euforico c’è poco, e il brano è meno frizzante del prosecco aperto a Capodanno e lasciato al suo destino nel frigorifero in cucina. Lei è sexy, sì, ma quello che ci chiediamo tutti è se c’era davvero l’esigenza e l’urgenza di scriverci sopra una canzone di cui non se ne sentiva il bisogno. Non si parla davvero di amore. Né di sentimento.
Ma se manca il romanticismo, non mancano di certo i complimenti che lui stesso riserva per sé, il maschio alfa della sua stessa scuderia. Quello umano, imperfetto, che Dio a predestinato a noi, e che oggi ci rende edotti di quanto succulenta sia la donna che ha accanto. Il brano non spicca, ed è lontano da quelle hit radiofoniche su cui ha basato la sua carriera, da Baby fino a Sorry. Non è un Justin inedito. Né un Justin che ci colpisce per la sua spiccata sensibilità ed emozione. È un Justin che si lascia ispirare dalla bellezza della compagna che ha scelto per la vita, ma a cui, in effetti, non dedica molto. E se la musa ispiratrice lo ha portato in questa direzione, non possiamo che dire: Justin, cambia musa. O, al massimo, fai come Taylor Swift e inizia a scrivere di qualche ex. Lei ci ha fatto i milioni così.