dark mode light mode Search Menu
Search

Per Galeffi cambiare non è mai stato un problema

Per Galeffi (Marco Cantagalli, 28 anni) cambiare non è mai stato un problema e ne è la conferma il nuovo singolo che anticipa il secondo, difficile, album d’inediti (no, per il momento non c’è né un titolo né una data d’uscita). Con America il cantautore romano ha provato a distanziarsi dalle sonorità pop attuali, ma soprattutto ha sperimentato l’allontanamento da se stesso, da quel sound che due anni fa l’ha portato tra i grandi dell’itpop con i singoli Occhiaie e Polistirolo. «Nella vita come nell’amore, le cose possono finire o finiscono e basta. Alla fine, è fisiologico, forse normale, dobbiamo accettarlo. Ma cosa vuol dire finire? Forse è soltanto mettere un punto alla fine di una frase, se accettiamo questa cosa possiamo andare a capo, e scrivere ancora», dice saggiamente Marco mentre spiega la canzone il cui videoclip – un omaggio neanche tanto velato a La La Land di Damien Chazelle – conta ad oggi già oltre 55mila view.

Ma questo allontanamento da te stesso è stata una necessità discografica o semplicemente ti eri stufato di quel sound?
Fondamentalmente sono una persona che non ama la ripetitività e quindi visto che mi piace molto il jazz e il cantautorato genovese, ho deciso di fare una canzone con quel mood lì, con i pianoforti, alla Paolo Conte e Gino Paoli per intenderci.

Non credi sia pericoloso per un artista cambiare così drasticamente le proprie produzioni?
Io mi sono divertito a cercare nuove strade non mi sono messo a pensare troppo se sarebbe piaciuta o no al fan. Anche perché di base, per uscire, la canzone deve piacere a me. Devo essere io il primo fan di me stesso.

E il nuovo album a che punto sta?
Uscirà entro il prossimo anno. Sai, registrandolo mi sono resto conto di essere cresciuto molto da Scudetto, sia a livello umano sia a livello artistico. Ci sto mettendo dentro tutto quello che posso e quindi sono molto fiducioso.

Che soddisfazioni ti stai prendendo ora che la gente ascolta le tue canzoni?
Mi fa piacere sapere che i fan le apprezzano il che mi fa ben sperare per il futuro. Anche nel caso di America, c’è stato un riscontro molto positivo da parte del pubblico e questo va a confermare quello che ho sempre pensato, ossia che noi artisti dobbiamo metterci in testa che il fan va educato artisticamente e c’è bisogno che un po’ tutti quelli che fanno parte di questo nuovo movimento cantautorale italiano inizino a non accontentarsi, a non chiudere la canzone come gli escono alla prima botta ma cercare sempre di alzare l’asticella.

Nel nuovo singolo sostanzialmente dici che tutte le cose possono prima o poi finire. Non pensi mai che questa cosa di Galeffi possa un giorno finire?
Ci penso tutti i giorni e questo è un motivo in più per fare le canzoni ogni giorno più belle. Così magari questa storia non finisce.

Quando hai realizzato che questa cosa della musica stava iniziando a funzionare?
L’ho iniziato a realizzare prima che mi scrivesse Maciste Dischi (la sua attuale etichetta discografica ndr.). I brani che sono finiti in Scudetto li suonavo già da un anno nei locali di Roma e vedevo che molti mi chiedevano di mandargli le registrazioni e live dopo live il pubblico aumentava. Ecco, in quei mesi ho percepito che questa cosa della musica sarebbe potuta funzionare. E alla fine mi è andata bene.

E se non fosse andata così, avresti comunque continuato a scrivere canzoni?
Sì, magari con meno costanza perché avrei fatto un altro lavoro per campare.

E con Cremonini, alla fine, dopo quel famoso tweet, vi siete più conosciuti di persona?
Purtroppo non l’ho più beccato ma ci siamo scritti su WhatsApp subito dopo quel tweet. Mi ha fatto i complimenti, io sono prima svenuto poi gli ho mandato un po’ di cuori.

Quanto è stato importante lui per la tua formazione artistica?
Tantissimo anche perché ci sono cresciuto con la sua musica, già dai tempi dei Lùnapop. Lui è riuscito ad associare alla musica per far numeri quella qualità artistica che è ricca di contenuti e ascoltando i suoi dischi ti rendi conto che si va oltre le semplici canzoncine radio friendly. Artisti come lui sono rari in un panorama come quello italiano in cui siamo abituati ad assistere a molte persone che funzionano ma fanno musica solamente per entrare in classifica.