Per cinque anni Jason Moules, Drey Pavlovic, Jemal Beau Malki e Connor Fisher-Atack hanno vestito i panni degli Allusondrugs. Poi è arrivata la firma con Good Soldier Song, l’incontro con i produttori Alan Moulder (The Jesus And Mary Chain, My Bloody Valentine e U2) e Catherine Marks (The Killers, Folas, Wolf Alice) ma soprattutto il primo album in studio registrato interamente in presa diretta. Jason, Frey, Jemal e Connor hanno interpretato tutto questo come l’inizio di una seconda vita tanto da convincersi a cambiare nome in Allusinlove. Vengono da Castleford, a pochi passi da Leeds, la città che ha visto nascere gli Alt-J e i Kaiser Chiefs, e fanno un rock psichedelico a velocità elevatissime e con schitarrate pazzesche (All Good People – il loro primo singolo – ne è la conferma).
Ho letto in giro che avete recentemente cambiato il vostro nome, da Allusondrugs all’attuale Allusonlove. Scelta non facile immagino.
Avevamo intenzione di cambiarlo ormai da un po’ e volevamo che ciò avvenisse a tempo debito. Quando poi l’abbiamo fatto davvero eravamo convinti fosse il nome giusto al momento giusto. Giocherellavamo con la parola allusinlove, che abbiamo usato tantissimo sui social sia per firmarci che per descrivere la community che avevamo intorno, quindi ci è sembrato sensato chiamarci così, usando un termine che in qualche modo già ci apparteneva.
In All Good People cantante “Your body makes me happy / Makes me want to do all the things you want me to do”; lo trovo una sorta di inno positivo, sia nel testo che nelle sonorità.
Parla di essere positivi e di avere fiducia in se stessi e nel prossimo. Spesso c’è troppa merda intorno alle relazioni e la maggior parte delle canzoni si focalizza su questo, sugli aspetti negativi. Non ci sono mai abbastanza persone che cantino della gioia dell’amore e di cose che ci facciano venir voglia di regalare tutti noi stessi a qualcuno.
Il vostro è un percorso atipico rispetto al panorama contemporaneo: niente talent, niente casi nati dai social network ma solo sala prova fin da giovanissimi. Vi sentite una band outsider?
La cosa importante per noi è essere sinceri con se stessi e lavorare sodo. Che poi alla fine anche noi abbiamo condiviso la nostra musica sui social, come ogni band che punta a farsi notare. Il modo migliore per avere un impatto sul pubblico però rimane quello del palco, sul quale ci sentiamo davvero a casa. Bisogna cercare sempre di fare cose che ci rappresentino al meglio come le persone che siamo. A volte si esce un po’ fuori dagli schemi, ma non sempre questa è una cosa negativa. Il reinventarsi non ha mai danneggiato la carriera di David Bowie, speriamo valga lo stesso anche per noi.
Qual è stata la cosa più autsider che avete fatto nella vostra carriera?
Quando abbiamo suonato per la prima volta al Download Festival. Quella volta ci siamo decisamente sentiti degli outsider. Eravamo decisamente troppo pop per quel contesto. Inoltre allora ci piaceva vestirci con un sacco i colori, tanto da sembrare dei pacchetti di caramelle in mezzo a una marea di nero e di heavy metal. I nostri unici pensieri erano: andrà bene?
E alla fine come è andata?
É stato uno dei pubblici migliori che abbiamo mai avuto (ride).
Venite da quella parte dell’Inghilterra che ha visto nascere le più importanti band inglesi degli ultimi quarant’anni, dagli Oasis agli Smiths ma anche Stone Roses e Arctic Monkeys. Avete preso in prestito qualcosa dal background di queste band?
Il nord può essere un posto duro in cui vivere e il motivo per cui quelle band hanno avuto successo è perché hanno saputo scrivere di come in quell’ambiente sono cresciuti, attingendo da una realtà familiare a tutti. Immagino sia ciò che abbiamo sempre cercato di fare anche noi.
Negli ultimi mesi avete aperto i concerti degli Skunk Anansie ma anche quello dei Muse in Polonia. Vi hanno dato dei consigli prima di salire sul palco?
Gli Skunk Anansie sono il gruppo più vero e di talento che abbiamo mai incontrato. Ci hanno fatto sentire subito parte della famiglia, dandoci tanti consigli che non dimenticheremo mai. La cosa più importante che ci hanno insegnato? Semplicemente andare sul palco e divertirsi. In fondo è quella l’unica cosa che conta.