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Liam Gallagher, il sovrano illuminato del rock & roll

Si chiama The River. Ed infatti il pezzo è un fiume, in piena aggiungerei. Più simile agli Oasis di inizio anni duemila che a quelli della coppia di album dei sogni di metà anni novanta, ma pur sempre Oasis. Liam Gallagher sembra essersi riappropriato definitivamente di quell’aura di sovrano illuminato del rock & roll che, come uno strano superpotere, sembrava esser scomparsa dopo la separazione più triste del secolo, e poi riacquisita con As You Were. L’impressione è che ci sia tanto più che del buon brit pop in questa formula magica; dai videoclip al marketing, passando (ovviamente) per delle scelte di sound e melodia azzeccate e coerenti. C’è una dichiarazione di Steve Jobs divenuta un aforisma di culto nel settore che dice più o meno così: «Non puoi semplicemente chiedere alle persone cosa vogliono e poi provare a darglielo. Nel tempo in cui riesci a costruirlo, loro già vorranno qualcosa di nuovo». Guardando i progetti dei fratelli più stronzi di Manchester e analizzando il come queste rispettive carriere si sono evolute dopo lo scioglimento degli Oasis, la considerazione lecita che si può fare è che alla fine dare alla gente quel che vuole (quantomeno nel breve periodo) non sia sempre una strategia poi tanto malvagia. E dunque se da una parte il pop cosmico di Noel sembra più un vezzo, un fantasia, un virtuosismo vuoto e altamente fine a se stesso, dall’altra il malandrino Liam continua a sbatterci in faccia il rock che tutti gli chiedono. E lo fa da Dio. Come un fiume (in piena).