Miles Kane sembra essere arrivato sul palco del Largo Venue dritto dalla Londra degli anni settanta. Quella dei Kinks e Peter Gabriel per intenderci. Due pilastri del rock inglese che non cito a caso: dai primi Miles ha ripreso il sound (in particolare nei brani tratti da Don’t Forget Who You Are), dal secondo il modo di stare sul palco, le movenze e l’attitudine. Il chitarrista dei Little Flames e leader – insieme ad un certo Alex Turner – dei The Last Shadow Puppets è arrivato a Roma per la prima delle quattro date italiane del suo tour nei club (stasera suonerà a Milano, poi sarà la volta di Treviso e Modena).
Non c’è scenografia, non ci sono strutture. A circondarlo solo la band e tre Gibson che alterna in base alle necessità. L’intento di Miles Kane è quello di portare sul palco romano un po’ di puro british rock & roll, quello alla vecchia maniera, suonato e sudato. Insomma, non gioca a fare la rockstar, lo è ed è evidente. Sale sul palco con una buona mezz’ora di ritardo: giacca bianca, SG total red e look alla Johnny Marr (che sia proprio lui il Johnny che citerà pochi minuti dopo nel brano Silverscreen?). Diciassette brani in scaletta: il rock & roll è servito, amici. Il presente lascia subito spazio al passato e l’orologio temporale va indietro di almeno sei anni con Give Up subito seguita da Inhaler (“I’ve been lookin’ forward to liftin’ up the veil/Guess is the answer you know that for sure”, urla in faccia ai suoi adepti).
Miles Kane parla poco ma suona tanto e con le parentesi Coup De Grace – che arriva a metà show con Killing The Joke e Too Little Too Late – esce fuori anche l’Alex Turner che è in lui. Perché sì, Miles ha tanto del frontman degli Arctic Monkeys, suo mentore dai tempi di Leave Before The Lights Come On. Una condanna ma anche la sua fortuna visto che ciò che davvero ha tenuto in piedi la sua carriera è stato il gravitare continuamente attorno alle “scimmie” inglesi. Nonostante ciò, in scaletta non c’è posto per i Last Shadow Puppets e Little Flames (la band nella quale militava come chitarrista) ma c’è posto per Lucio Battisti: sulle note di To Feel Love inserisce i versi di Amarsi un po’. Nulla li lega ed è proprio questo il bello. Don’t Forget Who You Are e Come Closer concludono la lectio magistralis di Miles, impeccabile fino alla fine. Fino all’ultima nota.
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