«Tutto questo non ce lo aspettavamo», mi dice Vittorio, alias Quentin40, quando gli faccio notare che il suo primo album è debuttato all’undicesima posizione della classifica dei dischi più venduti in Italia. D’altronde, nessuno meglio di lui oggi rappresenta la new generation della musica italiana e il pubblico sembra averlo intuito.
Classe 1995, romano di nascita ma milanese d’adozione, Quentin40 di gavetta ne ha fatta poca, anzi quasi per niente, segno che qualcosa in lui è funzionato fin dall’inizio. Tre anni fa si è ritrovato in uno studio di registrazione (quello di Dr. Cream) senza essere mai salito su un palco e senza avere un progetto discografico chiaro in mente («Ho iniziato a scrivere le prime barre nel periodo adolescenziale ma per colpa del mio carattere introverso non ho mai avuto il coraggio di andarle a registrare in studio», mi dice). Poi è arrivato il primo singolo, Thoiry, e di colpo tutto è cambiato. I primi che si sono fatti avanti sono stati Achille Lauro e Boss Doms che gli hanno proposto di incidere una versione remix del brano. Il risultato è una hit da oltre ventitré milioni di stream e undici milioni di visualizzazioni su YouTube.
Ed è proprio a Milano che Quentin ha lavorato con Dr. Cream alla realizzazione del suo album di debutto pubblicato per Sony Music: tredici tracce che sono uno spaccato di vita di un ragazzo che è passato dalla quotidianità della provincia di Roma (Acilia, borgata a metà strada tra Ostia e la Capitale) a quella di una città come Milano: «Questo progetto l’ho visto fin dall’inizio come un biglietto da visita da lasciare al pubblico e volevo andasse proprio in questa maniera», continua Vittorio. «Ci sono state delle cose che in studio ci risultavano molto forti musicalmente e coinvolgenti per il pubblico ma che abbiamo paradossalmente scartato o messo da parte per il futuro. Ci ho pensato veramente tanto a quali potessero essere quei pochi brani che, una volta usciti, avrebbero descritto al meglio Quentin40».
Una di queste è Inverno, track numero dieci dell’album. “Non ho mai pagato un cazzo/Ma ho imparato che/Oggi questa scena, bleah/Chi ha pagato per sfondare e chi la scredita/Vaffanculo alla tua crew di scemi/Copia un’altra crew di scemi”, canta. Poi il ritornello e le chitarre alla Lil Peep poco prima di arrivare alla seconda strofa. Così su due piedi ricorda il primo Fabri Fibra con la differenza che Quentin per il momento nelle sue canzoni non vuole parlare di politica: «Oggi sono molti gli artisti che strumentalizzano la politica per ottenere consensi. È una vera paraculata. Sento dire cose incredibili», riprende. «Sono impaurito da questa generazione che critica Salvini senza neanche sapere cosa dice».
Così lui non prende nessuna posizione politica, visto anche il recente trattamento che la stampa ha riservato ad Anastasio, il rapper partenopeo uscito dall’ultima edizione di X Factor che ha rischiato di vedere andare in fumo la sua carriera ancor prima di iniziarla per via di un post pro-Salvini pubblicato sulla sua bacheca Facebook: «Sì, l’ho trovato ignorante quel fatto anche se alla fine stiamo parlando di gossip. Purtroppo, si parla sempre troppo del fatto e mai del perché. La stessa cosa è accaduta per la tragedia di Corinaldo. Capisco che è un discorso molto delicato ma nessuno si è andato a chiedere il perché è accaduto, tutti ne hanno parlato come una qualsiasi notizia di gossip. ‘Sta cosa mi fa molto paura».
Insomma, sembra un momento prolifico per i rapper romani.
Sì e anno dopo anno è sempre più evidente. In realtà io ho sempre ascoltato il rap romano, quello di Noyz Narcos su tutti.
Cosa ti piace di lui?
La sua attitudine. Il suo modo di essere va oltre la musica e le parole delle canzoni. Perché sai, ormai sono tantissime le scelte che vanno a formare un rapper. Io ad esempio ho sempre avuto paura di chiudermi in qualcosa che non fossi realmente e purtroppo questo capita spesso nel rap. Molti si rifugiano dietro un personaggio che in realtà non sono solo per farsi accettare dalla scena.
La tecnica del troncare le parole è tua o l’hai ripresa da altri rapper?
Ho iniziato a fare rap nel momento in cui sono iniziati ad emergere tutti quei ragazzi che oggi fanno i numeri, i vari Sfera Ebbasta, Ghali. Sono loro che hanno dato via a questo filone di rapper. Ad un certo punto, in questo panorama, mi sono domandato come uscire allo scoperto, come farmi notare, così ho deciso di utilizzare questa tecnica che tronca le parole dandogli una cadenza sulle vocali. Diciamo che si rifà molto al rap europeo ma soprattutto a quello francese.
Con Achille Lauro come è nata la collaborazione?
Una mattina di estate mi ha contattato la sua squadra dicendomi che avevano ascoltato Thoiry e che erano interessati a incidere un remix del brano. Sono partito subito per Milano dove ho conosciuto Lauro, Boss Doms e il mio attuale manager. Il pezzo era già fuori da un po’ ma hanno saputo promuovere l’uscita veramente bene. C’era un hype incredibile nell’aria e hanno saputo dare a questo remix una visibilità enorme in pochissimo tempo. Questo glielo riconosco, in Italia non era mai successa una cosa del genere.
Poi avete inserito anche Gemitaiz…
Quella è stata una scelta di Achille, l’ha chiamato quella mattina e ci siamo visti in studio. Il remix è nato nella maniera più naturale possibile. Quei giorni li porto nel cuore anche se oggi artisticamente con Lauro abbiamo preso due strade completamente diverse e non siamo più in studio insieme.
Ti piace oggi il nuovo Achille Lauro?
Cambiano i tempi. Ai tempi di Thoiry entrambi avevamo intuito che non avremmo fatto più nulla insieme. Artisticamente il nuovo Achille Lauro non lo condivido anche perché abbiamo preso proprio due strade completamente diverse.
Con Fibra invece? Chi ha contattato chi?
È sempre stato un sogno collaborare con lui. Tutto è partito dal mio manager che prima dell’estate mi ha chiesto con quale artista mi sarebbe piaciuto collaborare e gli ho nominato Fibra. Ha subito chiamato Paola Zukar (la manager di Fibra ndr.). Il due di picche iniziale si è trasformato in un sì quando gli abbiamo girato tutti i pezzi che avevamo.
Ti senti un po’ un outsider del rap, a partire dal fatto che non utilizzi i social se non per pubblicare materiale promozionale?
Sia chiaro, io non sono contro l’apparire e il comunicare attraverso i social. Io sono sempre stato contro l’utilizzo improprio di questi canali, quell’autopromozione senza fini oppure l’andare in televisione a fare il belloccio. Ormai sembra essere andato tutto a puttane (ride).
Prima abbiamo parlato di Fibra, con Pamplona ha riscritto le regole del rap duettando con la band più lontana a livello di sound dal suo mondo, i Thegiornalisti. C’è qualche artista pop con cui ti piacerebbe lavorare?
Ultimamente ci sto pensando molto. I primi concerti a cui sono andato sono stati quelli di Max Pezzali anche perché allora ero troppo piccolo per andate nei centri sociali (ride). Lui l’ho sempre apprezzato molto e anche se oggi mi ritrovo in un ambiente musicale che è molto distante dal suo un pezzo con lui lo farei volentieri.
A proposito di adolescenza, come sei entrato nel giro dei rapper?
Prima di Quentin40 parliamo dei miei diciotto anni. Scrivevo pezzi già da molto e, lo ammetto, mi capitava spesso di appuntare frasi un po’ tristi ma l’idea di registrarle non mi era neanche mai passata per la mente. Provai inizialmente con un registratore (un apparecchio indegno lo definisce ndr.) ma, come accade a moltissimi ragazzi, non riuscivo a risentirmi. Non ero convinto di quello che registravo e non avevo nessuno dietro che mi spronasse a continuare. Poi ricordo che un mio amico mi convinse ad entrare nello studio di Dr. Cream. In quel periodo ero timido e avevo un’idea distorta su come funzionasse questo mondo, calcola che non sapevo nemmeno che i rapper registrassero in due volte. Io mi aspettavo il one tape dei rapper americani (ride).
Tommaso Paradiso in un’intervista disse che se un artista è completo e felice non può scrivere nulla di interessante. Succede anche a te?
Sono andato più volte ad analizzare i momenti che mi hanno portato a scrivere i testi. Thoiry ad esempio l’ho concepita da solo in camera in un momento in cui ero molto incazzato con il mondo. Una volta prodotta però ha preso un mood diverso. Quindi per risponderti, penso sia un’unione di entrambi gli stati d’animo.
Tra dieci anni dove ti vedi?
Tra dieci anni mi vedo sempre con le stesse persone intorno e sicuramente a fare la musica che voglio fare davvero senza dovermi nascondere dietro un personaggio che non fa parte del mio essere.
Quentin40 suonerà a maggio nei principali club italiani: il 9 a Largo Venue (Roma), il 10 al
Duel Beat (Napoli) e il 13 al Santeria Toscana 31 (Milano), i biglietti sono disponibili su Ticketone.it.