La prima regola di un artista è: non invecchiare mai, che tradotto è un po’ un monito a non risultare mai anacronistici. Ma se il tuo nome è Richard Ashcroft e hai scritto (il testo di) Bitter Sweet Symphony – per chi non lo sapesse la musica è di due sconosciuti che hanno solamente inventato il rock, Mick Jagger e Keith Richards – beh allora forse essere se stessi, nella più nobile delle accezioni, diventa una questione di etica professionale e di indagine sulla morale.
Il sesto album di Ashcroft è una ballata di tre quarti d’ora che non annoia ma apre una finestra sul sogno, sull’umanità, sulla quotidianità (primo singolo: Surprised By The Joy e traccia numero sette: We All Bleed). Natural Rebel è dunque un trattato sulla straordinarietà dell’ordinario, che in estrema sintesi è il significato condensato nel titolo.
In settimana qualche giornalista in Inghilterra ha storto un po’ in naso accendendo un botta e risposta non del tutto diplomatico tra la rockstar e la stampa. Ashcroft, in pieno stile Gallagher, ha risposto bruciando una vecchia copertina di NME che lo ritraeva e dichiarando: «Natural Rebel passa alla storia dalla parte sbagliata. Peter Ross, la tua stessa città ama più me di te. Spero di incrociarti presto, l’hai messa sul personale».
Probabilmente a Mark Beaumont e Peter Ross (appunto) non piace il novanta percento circa del mercato musicale partorito tra la fine degli ottanta e l’inizio degli anni duemila. Perché Natural Rebel non solo convince ma, soprattutto nella seconda metà, ricorda Oasis e Blur. A Man in Motion pare Whatever della band di Manchester e Money Money, brano finale di Natural Rebel, ci porta per un attimo nell’iconico intro di Song 2 di Damon Albarn e soci.
Niente plagi, solo buona vecchia musica riportata alle orecchie dei tardo-millennials in un mix vincente che attinge da un background musicale che i Verve hanno contribuito a costruire nel decennio in cui il brit pop è passato da essere snobbato a popolare, intasando le classifiche del Pianeta. Richard oggi come allora porta in scena il disagio della strada da cui non si è mai scostato e che non smetterà mai di celebrare; non a caso il più celebre album della carriera dei Verve porta il titolo di Urban Hymns.