Alex Turner lo aveva annunciato, mettendo quasi le mani avanti: «Per capire il nuovo album degli Arctic Monkeys ci vorrà un po’ di tempo». Noi avevamo immaginato un disco complesso sì, ma non fino a questo punto.Per giudicare Tranquility Base Hotel & Casino bisogna fare alcuni importanti premesse. Innanzitutto, sapevamo da diverse dichiarazioni che tutti i membri della band non avevano intenzione di riproporre un album dalle sonorità che li hanno resi celebri. Inoltre, i brani sono tutti stati composti dal frontman Alex Turner al piano, tanto da far riflettere moltissimo lo stesso Turner sulla decisione di pubblicarle come suo primo lavoro da solista o sotto la sigla walzer rock. A conti fatti la prima sarebbe stata la scelta più azzeccata.
Il disco – che si apre con una dedica agli Strokes (“I just wanted to be one of the Strokes”) – necessita di molti ascolti per rivelare la sua vera anima, e forse non ci riesce nemmeno così. La band ha deciso di non pubblicare singoli anticipatori, e questa scelta si spiega benissimo, poiché la struttura delle canzoni proposte non prevede nessun vero e proprio titolone radiofonico. Un sound spiazzante per i fan di vecchia data, che ricorda molto quello ascoltato in Everything You’ve Come to Expect dei The Last Shadow Puppets, progetto parallelo di Alex Turner e dell’amico Miles Kane. Ascoltando questa stravagante opera musicale si viene proiettati in una New York anni ’30, dove la bellezza e l’arte dell’apparire la fanno da padrona. C’è molta sensualità del nuovo sound degli Arctic Monkeys, data soprattutto dalla voce calda e allo stesso tempo acida di Turner, che non ci fa più saltare, ma ci ammalia, come si fa con una bella signora. Tutto ciò è nettamente percettibile nelle due tracce più riuscite, ovvero nella title track e in Four Out of Five.
Tranquility Base Hotel & Casino non è un album brutto, sia chiaro, ma non è un album degli Arctic Monkeys, e siamo certi che dividerà nettamente il pubblico tra quelli che apprezzeranno una band che comunque fa diventare oro tutto quello che tocca e quelli che proprio non capirà questa scelta così drastica e così lontana dall’animo indie rock della band. La critica è quindi d’obbligo, perché ci aspettavamo un lavoro molto più potente con almeno un paio di grossi singoli, invece siamo davanti ad un valzer rock abbastanza monotono.