«Inverno sui generis, col sole e quindici gradi. Sarebbe il caso di andare (che so?) in Islanda». Così deve aver pensato Marco – il giovane cantautore italiano che tutti conoscono come Wrongonyou – quando gli hanno chiesto in quale location avrebbe voluto girare il videoclip del suo ultimo brano, Prove It. Se invece ancora non ne avete sentito parlare, male!
Marco Zitelli, classe ’90 è un patito di John Frusciante e della natura che vive a qualche chilometro da Roma. Tutto però è iniziato da un progetto funk, ma quando gli chiedo cosa abbia segnato l’inizio del suo nuovo percorso artistico mi risponde senza pensarci troppo: «Ho scoperto nuovi artisti che mi hanno aiutato a superare la vergogna, dovuta spesso all’utilizzo della voce per urlare e sperimentare proprio come fosse uno strumento. È stato questo il mio punto di svolta. Quello strumento io voglio usarlo in modo libero, mettendolo al centro di tutto senza rischiare di perdere di vista il vero obiettivo della mia musica».
In un panorama mondiale votato all’elettronica e all’estetica formale del sound, è difficile spiegare il grande successo della formula chitarra e voce che ha consacrato tra i tanti Ed Sheeran e i Mumford & Sons. Wrongonyou è uno di quelli che in un certo senso ne ha fatto un marchio di fabbrica: «Gli artisti che hai citato sono puliti, lo si vede esteriormente e questa purezza è lo specchio della loro musica: agile, instantanea, sincera e cristallina senza sovrastrutture o mega produzioni. Ed Sheeran appare come un giovane molto sensibile, anch’io lo sono e lo si può evincere dalle mie canzoni. Probabilmente, con solo una chitarra, questo emerge in modo più netto».
Una volta Noel Gallagher disse che per sfondare, un italiano
deve innanzitutto scrivere in inglese e poi farlo meglio dei britannici.
Sei d’accordo?
Mi fa piacere che Noel abbia affrontato questa
tematica. Certamente i britannici hanno una marcia in più, e soprattutto
se si ha un background italian oriented, è normale provare una certa
inibizione verso i vocalizzi o le melodie che escono dal testo.
I due finalisti di X Factor scrivono e cantano in inglese.
Come anche i The Kolors che hanno vinto Amici. Tu non hai mai pensato di
partecipare ad un talent show?
Ogni anno arrivano richieste per talent. Io non sono contrario ma la
vedo più come una opportunità one shot, preferisco il piccolo passo che
sono in grado di fare ogni giorno per raggiungere progressivamente degli
obiettivi. Inoltre vedo il talent più come un’ultima spiaggia che come
un inizio. Non mi sorprenderei se i Måneskin come i The Kolors finissero per scrivere e cantare in italiano. Questi ultimi l’hanno già fatto con Claudia (Levante ndr.) e Fedez, sbaglio?
Come te, anche Niccolò Contessa dei Cani ha lavorato alla
colonna sonora di un film italiano. Com’è lavorare a prodotti così
mainstream (per chi non lo sapesse, Wrongonyou ha firmato la colonna
sonora de Il premio con Gigi Proietti) per voi che avete fatto nascere molti dei vostri album in cameretta?
È una esperienza incredibile che rifarei subito. Tuttavia devo
confessarti che quello per il cinema è un workflow abbastanza complesso e
legato a dinamiche che ignoravo prima di essermici sporcato le mani. Ti
faccio un esempio: di accordi minori meglio non abusarne. Ci sono anche
molte sfaccettature burocratiche che rendono tutto molto complesso.
Comunque Alessandro (Gassman ndr.) è
stato molto garbato nel lasciarmi libertà e nel coordinarmi solo al fine
di ottenere un prodotto perfetto per il suo film. Lo ringrazio molto
per la fiducia che ha riposto in me.
Jake Bugg ha ammesso di aver visto solo sette concerti nella
sua vita perché non vuole incorrere nel rischio di plagiare i propri
artisti preferiti. Tu ti ispiri a qualcuno?
Anch’io non frequento molto i concerti, specie se non si tratta di amici
o artisti che amo particolarmente. Ed è proprio questo il consiglio che
mi sento di dare ai giovani emergenti. Non cadere nel facile tranello
della fama, dell’ego e dell’imitazione. È opportuno e onesto rimanere
eticamente coerenti a se stessi.
Il 9 marzo uscirà il tuo disco d’esordio, Rebirth. Cosa dobbiamo aspettarci?
È il primo lavoro con un produttore molto famoso (Michele Canova
ndr.). Il sound è più pop ma resta la vena legnosa che tanto mi piace e
mi appartiene. È un ritorno alle origini dove parlo di natura, di
famiglia e di amore. Il video musicale di Prove It (primo
estratto dal disco ndr.) è stato girato in Islanda; questo territorio è
nudo e crudo. Ci si ritrova a fare i conti con la parte più profonda e
intima della nostra essenza, vengono a galla gli aspetti più reconditi
del nostro mondo interiore. È un vero pugno nello stomaco e sono certo
che questi stati d’animo possano trapelare dagli schermi dai quali i fan
lo vedranno. Per quanto riguarda i live, cercheremo di regalare una
performance curata e adrenalinica.